Tuesday, May 18, 2010

altri invisibili

Prendo un treno, e vengo spintonato dagli altri passeggeri che si accalcano per salire quella frazione di secondo prima di me, come se il treno non avesse una capienza sufficiente per tutti. Poi, seduto nello scomparto, ascolto, nonvolente ed indolente, la chiacchierata a volume stratosferico del vicino, e la musichetta in altoparlante dal telefonino, come una specie di radio-paninara-portata-a-spalla anni ottanta, ma miniaturizzata, tenuta lì vicino all'orecchio, di quell'altro ragazzo nella fila dietro. Vorrei dormire, ma sembra impossibile, in quel contesto. Eppure. Eppure non sono invisibile, affatto. Prendo un altro treno. Stavolta è mattino presto, sono il primo e l'unico. Finalmente mi addormento. ma vengo svegliato, nuovamente, dalla chiacchierata, sempre stratosferica, degli unici altri due passeggeri, inspiegabilmente sedutisi di fronte a me a parlare amabilmente del più e del meno. Con tutto il resto del vagone vuoto! Neanche stavolta sono invisibile. Eppure. Alla fine glielo devo dire, che stavo dormendo proprio lì, di fronte a loro, che nemmeno la voce hanno abbassato, oltre a non sedersi in uno dei cento posti liberi, prendo le mie cose, mi alzo, vado avanti quanto basta per non sentire più il brusio, e mi riaddormento. Per poco, ovvio, ora è tardi e il treno si riempie, ritornano gli utenti telefonici e le loro svariate abituduni, i giovanotti con volumi a mille decibel. Mi resta in mente la loro faccia, mentre gli faccio notare che potevano accorgersi che dormivo proprio lì; la faccia stupita e insieme indignata di uno che riceve un insulto inaspettato da un calamaro nel banco frigo del supermercato, che, a rigor di logica, non avrebbe titolarità nè razionalmente potrebbe mai proferire parola, eppure...
Una sera ci sono i fuochi d'artificio ed io, appoggiato alla ringhiera di un ponte, me li vedo. Finchè un signore di mezza età, che con buona ragione li vuole vedere pure lui, mi si mette davanti, piazzandomi la nuca a 10 centimetri dalla faccia. E che, seccatissimo, quando gli faccio gentilmente notare che lì c'ero io che me ne stavo da un bel pezzo appoggiato, mi dice che se li voglio vedere mi posso spostare. Giusto! Eppure, non sono invisibile.
Io invece il vero stupore non cel ho mica per il casino di un treno pieno, eh! Quello è normale, e la gente ha buona ragione di conversare a discorrere mentre viaggia. Sono stupito dell'invisibilità dell'altro. E' vero sì, che ogniuno ha buona ragione, però in effetti, chiunque ha buona ragione di fare quel che stà facendo. Non cen è mica una preordinata, superiore, o maggioritaria. Il relativo è che uno che parla al telefono può abbassare la voce, uscire dallo scomparto, andare un pò dove gli pare, uno che vuole sentire la musichetta si mettesse un cazzo di auricolare, che ne vendono di cento tipi, ma uno che dorme dorme e basta. Sarebbe di chi telefona l'accortezza di non preordinare sè stesso al resto del mondo. Il fatto è che mi sembra che ognuno quì sia la star del proprio film, che, ahimè, non contempla attori non protagonisti. Non ne vede gli stessi diritti o quantomeno l'esistenza sulla scena. Quand'ero bambino stavo attento a tutto, costretto da mia madre ad imparare questo rispetto dell'altro, condizione sine qua non della civiltà di allora. Ed era vent'anni fà!! A quello che stava seduto dietro, a quello che doveva passare, a chi aveva un problema. E poi: abbassa la voce che disturbi, cammina piano che fai rumore, e basta tirare calci al pallone che se poi va contro la porta di quella signora là...Ma dove è finita la collettività, in questo guazzabuglio di tutela individuale? Nella durezza di un mondo dove ognuno tutela sè stesso, nessuno tutela più l'insieme. E la società è, purtroppo, di più della somma dei singoli che la compongono. E se, nessuno se ne occupa, come possiamo sperare che da sola, crei uno scenario migliore in cui affrontare l'esistenza che, in qualunque modo, senza possibilità di scelta, ci costringe, insieme?